Nel lavoro medico il piano della relazione medico-paziente svolge un ruolo centrale nel percorso terapeutico e l’abilità del medico di comunicare in modo efficace ha un valore determinante nella sua competenza clinica. Nel lavoro con i bambini in oftalmologia pediatrica e nel mondo della ipovisione, i modi e i contenuti della comunicazione hanno una delicatezza e un peso maggiori rispetto a quanto avviene in molte altre interazioni comunicative di tipo professionale. Il piccolo paziente e la sua famiglia sono tutti portatori di disagio e sofferenza anche psicologica; il medico diventa il tecnico possessore di spazi privilegiati di osservazione e depositario di un sapere scientifico sul quale si basa il suo lavoro, ma sono soprattutto la corretta accoglienza e la comunicazione efficace con il paziente, con i bambini e le famiglie, gli elementi su cui fondare relazioni umane e alleanze terapeutiche indispensabili in cui la cronaca della patologia possa tener conto dei vissuti soggettivi, delle emozioni e delle difese psichiche dei nostri interlocutori. Grazie ad una comunicazione efficace noi medici abbiamo la possibilità ed il dovere di costruire alleanze terapeutiche indispensabili per incontrare i piccoli pazienti, svolgere il nostro lavoro, formulare diagnosi e piani di trattamento condivisi. Comunicare in modo efficace nel lavoro con i bambini significa instaurare relazioni umane e canali comunicativi personalizzati per agevolare rapporti diagnostico-terapeutici capaci di esplorare a più livelli una situazione clinica, instaurare rapporti di fiducia e di collaborazione tra medico e gruppo familiare al fine di stimolare energie e risposte positive da parte di tutti i componenti del percorso terapeutico. Le nostre relazioni professionali, quindi, non sono riducibili a scambi di sole informazioni, ma sono invece il luogo dove tutti gli attori si incontrano con un obiettivo comune: la cura della persona . L’abilità del medico di comunicare in modo efficace con i bambini e le famiglie determina l’intensità della nostra relazione, influenza il livello di motivazione dei pazienti a star meglio, contribuisce a far sì che il paziente e la famiglia di appartenenza aderiscano al trattamento ed aumenta il livello di soddisfazione di tutte le figure presenti e impegnate nel percorso di cura. Da alcuni anni una nuova consapevolezza dell’utilità di formare tutti gli operatori della salute come professionisti esperti della comunicazione sta emergendo prepotentemente negli istituti formativi, perché migliorare la Compliance, ovvero la possibilità che il paziente e la sua famiglia seguano le indicazioni del proprio medico, comporta una riduzione dei costi del SSN.. La natura della Compliance è strettamente e squisitamente relazionale; una giusta comunicazione è il modo migliore per instaurare un rapporto di fiducia tra il medico ed il suo paziente, una comunicazione efficace aumenta la fiducia e il livello di comprensione del paziente; la fiducia e la comprensione del paziente aumentano le possibilità di una corretta compliance; una corretta compliance aumenta le possibilità di riuscita del trattamento e di soddisfazione dei nostri interlocutori. Il medico deve offrire tempo al malato e camminare con lui nel suo tempo. ( FIG. 1 ) La nostra relazione nel lavoro delicato con i bambini e le famiglie si struttura sulla capacità di ascolto e di comprensione che noi medici mostriamo ai nostri interlocutori offrendo il nostro tempo e programmando un percorso comune. Ascoltare i nostri interlocutori significa permetterci di capire e sentire che cosa è stato, cosa ci viene comunicato con una reale volontà di comprendere e di immedesimarci con i punti di vista delle persone che incontriamo nel nostro lavoro grazie ad un processo attivo ed empatico che indica attenzione all’altro, a cui vengono dati tempo e spazio sufficienti per esprimersi e per essere accolto. Se per il medico il tempo è principalmente inteso in senso cronologico, per il paziente è il tempo vissuto, quello che percorre la sua storia. In assenza del racconto , il mondo del paziente resta completamente sconosciuto e con esso la possibilità di comprendere la disponibilità al cambiamento e quindi alla cura. Le convinzioni del piccolo paziente, ma soprattutto della sua famiglia di appartenenza, per quanto stravaganti o sbagliate possano apparire, hanno radici profonde, in gran parte nemmeno coscienti, che hanno a che fare con quella specifica e unica e personale storia familiare, con le sue osservazioni, con le sue credenze e la sua cultura. È funzionale per il nostro lavoro determinare i riferimenti delle persone che noi incontriamo ogni volta ,per sviluppare le nostre abilità di comunicazione grazie alla conoscenza accurata dell’esperienza e del linguaggio di ogni singola situazione ; in particolare, ponendo attenzione a come, attraverso il linguaggio verbale e non-verbale ,quel nucleo familiare “racconta” la sua realtà a se stesso, alle altre persone e ai noi medici, individuando ed adattando continuamente le nostre scelte lessicali e sintattiche, in modo da “parlare la stessa lingua” dei nostri interlocutori, al fine di incontrare pienamente le persone che si affidano alle nostre cure e che il nostro lavoro ci privilegia di incontrare quotidianamente.